La fabbrica dei bambini
- Monica Rocca
- 27 giu 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Sono passate più di 10 ore da quando sono qui e ancora aspetto che accada qualcosa, compilando parole crociate. Già tre donne sono passate nel letto accanto al mio e in preda alle contrazioni sono state dirottate in fretta in sala parto.
Tu invece lì dentro non ne vuoi proprio sapere di venire al mondo.
La chiamano la "fabbrica dei bambini", oggi ho capito perché.
Finalmente i medici si liberano, è arrivato il mio turno, procediamo con l'induzione del parto.
Penso, ci siamo. E invece non ci siamo proprio per niente. Non succede nulla nemmeno ora, a parte il dolore che cresce proporzionalmente al tempo che passa.
Ho sonno, è già passata mezzanotte e tu cominci a soffrire lì dentro, papà controlla il tuo battito sul monitor, io chiudo gli occhi tra una contrazione e l'altra, sono veramente stanca. Mezzanotte è passata da un po' e non si sono nemmeno rotte le acque, dilatazione inesistente. Papà guarda fisso lo schermo, chiama i medici, controllano. Da quanto tempo è stato indotto il parto?
In un'altra epoca o in un'altra zona della Terra, dopo una gravidanza liscia come l'olio, una di noi due, o tutte e due, probabilmente non ce l'avrebbe fatta.
Ma sono alla fabbrica dei bambini, in un giugno caldissimo e tu nasci alla 41esima settimana con parto cesareo, senza alcuna complicazione, in piena notte.
Ti vedo solo di sfuggita, ti stanno già pesando e misurando. Avere le gambe paralizzate è una sensazione veramente orribile. Fuori dalla sala operatoria c'è papà con un fagotto in braccio. Oddio speriamo non ti faccia cadere.
Le nostre strade si separano già, tu al nido, io in attesa di un letto passo l'intera nottata sulla barella. Oggi la fabbrica ha sfornato veramente tanti bambini.
Auguri piccola mia. Sempre grata di avere accanto te e papà.

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